Ascolta “Ep. 02 – +CO2 -SO2! Col Fondo, Ancestrale o Classico basta che sia Frizzante!” su Spreaker.
Questa puntata è un po’ didattica e approfondisce le tre tipologie di vino frizzante: il metodo classico o champenoise, il rifermentato in bottiglia e il metodo ancestrale detto anche pet-nat o petillant naturel.
Il metodo classico o champenoise prende nome dalla regione Champagne in Francia dove è nato. I territori vocati sono la Marna, la montagna di Reims, la Côte des Blanc e l’Aube.
In breve il metodo di lavorazione parte da un vino base solitamente di uve Chardonnay o Pinot nero. A dire il vero, ci sono tipo sette tipi di pinot, tutti quanti utilizzabili per la base dello champenoise, in Italia si utilizzano pinot bianco e pinot meunier.
Questa cuvée viene fatta rifermentare con la liquer de tirage cioè una miscela di zucchero e mosto che serve da starter per la produzione di anidride carbonica.
Le bottiglie vengono tappate per imprigionare quest’ultima che dà origine alla schiuma. Vengono conservate capovolte per fare sì che le fecce fini si raggruppino sul collo della bottiglia in vista del dégorgement: questo procedimento prevede che il collo venga ghiacciato in maniera che i lieviti imprigionati vengano espulsi come un tappo dalla pressione presente nella bottiglia.
Questa operazione può essere effettuata anche alla volée: se siete mai stati in una maison de champagne sapete quanto può essere affascinante assistere a questo procedimento.
Grazie al dégorgement si ottiene un vino pulito. Ma non è finita qui! A questo punto la bottiglia viene ricolmata o con lo stesso vino (dosaggio zero) oppure con altri dosaggi (da lì derivano le varie tipologie burt, extra brut…) Il liquido con cui viene ricolmata la si chiama liqueur d’expedition.
Secondo la mia personalissima opinione nella Champagne si producono tuttora i migliori metodi champenoise: anche grazie alla posizione così settentrionale l’uva matura non sviluppa una dolcezza eccessiva, bensì rimane acida e quindi più adatta alla rifermentazione.
Tra i naturalisti lo champagne non è nemmeno considerato un vino perché richiede tanto intervento tecnico e lunghi affinamenti sui lieviti sia del vino base che di quello che sta rifermentando.
C’è un mito da sfatare, dopo il dégorgement il vino non peggiora, bensì può solo migliorare: un vino base solido consente un grande margine di miglioramento all’interno della bottiglia. Come anche ci sono grandi sorprese quando il vino rimane sui lieviti: in Champagne ho assaggiato bottiglie non sboccate freschissime. Questo avviene anche grazie alla lastra di gesso presente nel suolo che conferisce freschezza ed estrazione minerale alle uve che ci crescono.
Ci sono metodi classici anche qui in Italia, prodotti ad esempio nell’Oltrepo pavese, in centro Italia o anche in Veneto.
A proposito di Veneto: il metodo Marinotti o charmant si differenzia dallo champenoise perché la rifermentazione avviene in autoclave invece che in bottiglia, in breve tempo, due mesi tipo, e si fa presto a farne tanto. Il problema principale di questo metodo di produzione può essere l’aggiunta eccessiva di zucchero per la rifermentazione.
Se invece parliamo di rifermentati in bottiglia si parla di un vino base bello acido, al quale viene aggiunto il liqueur de tirage una volta imbottigliato.
La quantità di zucchero da aggiungere viene calcolata precisamente poiché determina le atmosfere e la frizzantezza del vino finale: siccome nei rifermentati in bottiglia non si effettua il dégorgement, ne viene usato poco, questo rimane all’interno e viene servito come parte interessante del vino. Una volta terminata la rifermentazione, si può scegliere lo stile di bevuta: a seconda dei gusti si può scaraffare il vino togliendo i lieviti, si può tenere ferma la bottiglia e gustare i lieviti alla fine, oppure si può agitare prima dell’uso e rimescolare il fondo rendendo il vino opaco.
Diamo un po’ di credito ai rifermentati in bottiglia in Italia!
Abbiamo un territorio generoso, si possono rifermentare basi già affinate, anche di anni precedenti, mi vengono in mente le creazioni di Vittorio Graizano, i vini col fondo possono avere infinite sfumature proprio perché molto varie possono essere le basi di partenza. È però fondamentale che queste ultime siano vino buono che nasce dall’uva matura, non ha senso usare vini crudi come base spumante, perché si rischia anche di andare troppo avanti con la rifermentazione, e un frizzante senza acidità è difficile da bere.
Ci manca l’ancestrale o petnat o petillant naturel.
Piccolo cenno storico: molti credono che l’origine del vino frizzante sia nella Champagne, ma ci sono indizi che il vino frizzante esistesse già coi romani – vino titillans – il clima era molto caldo e poichè non c’era controllo della temperatura i vini fermentavano e rifermentavano a sproposito.
Il prodotto di questa rifermentazione è anche la chiave per conservare il vino: l’anidride carbonica è un conservante naturale. Quindi se trovate un vino fermo con un po’ di bolla non spaventatevi, vuol dire che è sano e sta lavorando.
Abbiamo imparato che se partiamo da un vino secco di base ci servono degli zuccheri per farlo rifermentare; ma cosa succede se la base ha un residuo zuccherino di cui mi servo per far partire la rifermentazione? Uso solo di quello che è già presente nel vino stesso, tappo la bottiglia e lascio che gli zuccheri lavorino.
Questo era il metodo ancestrale degli esordi, ma quello attuale deriva da quanto detto: la fermentazione del mio mosto si ferma coi primi freddi, o la interrompo io controllando la temperatura.
A questo punto imbottiglio il vino e lo tappo senza aggiungere niente. Non mi serve aggiungere un liqueur de tirage perché la fermentazione precedentemente interrotta non ha consumato del tutto gli zuccheri del mosto base. La fermentazione riparte con un ulteriore cambio di temperatura, gli zuccheri vengono elaborati in Co2 dai lieviti e il vino è finalmente pronto.
Questa è la maniera un po’ più ancestrale e storica per creare un vino frizzante. E così ci vengono in mente i vini emiliani, i lambruschi, le malvasie frizzanti.
Abbiamo talmente tanti vitigni autoctoni diversi in Italia che si trovano vini frizzanti da metodi classici, ancestrali o rifermentati: la metodologia di produzione deriva da necessità riconducibili alla quantità di azoto nel terreno, ai cambi di temperatura nell’arco dell’anno e dalle peculiarità dei vitigni stessi.