Questa puntata ci porta in territori nascosti, di gusti internazionali e autoctoni allo stesso tempo.
La Mitteleuropa è delimitata dai Carpazi a Nord, Est e Sudest e dalle Alpi dell’ex Jugoslavia a Ovest e a Sud.
Si tratta di una zona sedimentaria, un mare interrato, caratteristica che la accomuna al Collio, all’Irpinia, alla Campania e alla Champagne.
Il mare in questione era circondato da grandi vulcani, quindi una ulteriore peculiarità è la sua ricchezza geologica, un mix esplosivo!
L’area mitteleuropea comprende otto stati, ma parleremo solo Austria, Slovacchia, Ungheria effettuando volo panoramico sul resto dei territori.
Breve cenno climatico: la lontananza dal mare comporta l’assenza di mitigazione tipica del clima continentale, una grande escursione termica fra inverno ed estate. Inverni rigidi e nevosi, estati secche.
Si tratta di una terra di grandi vitigni aromatici: Gruner Veltliner, Riesling, e grandi, grandissimi rossi.
Soprattutto in Austria, i rossi sono vitigni simili a quelli del Nord Italia proprio grazie all’escursione termica. Per proteggersi dal freddo l’acino inspessisce la buccia, aumentando la concentrazione di zucchero. Questo conferisce un’aromaticità unica a questi vitigni.
Austria
Partendo dalla parte più orientale dell’Austria, troviamo la Stiria, regione molto impervia, con grosse pendenze dove la varietà regina è il Sauvignon Blanc dalla quale si elaborano grandi vini.
Strohmeier e Werlitsch sono fra vignaioli che amiamo in particolare, ma anche molti altri produttori lavorano esaltando la sincerità del terroir, senza omologare i gusti differenti che derivano dalla grande biodiversità della regione. In Astiria, infatti convivono territori argillosi a Est e basalto-vulcanici a Ovest dove viene coltivato il Gewurtztraminer.
La Stiria è inoltre patria di questo vino rosato frizzante che si chiama Schilcher, vinificato con uva Blauer Wildbacher che stranamente si trova anche nel trevigiano.
Più a Est ancora troviamo la celebre Burgenland, forse la regione più conosciuta, ma non ancora inflazionata, grazie al lavoro commerciale e qualitativo effettuato negli ultimi anni.
L’area del Burgenland è caratterizzata dal bacino idrico più basso d’Europa: il NeusiedlSee, lago dalla profondità media di 2 metri, che periodicamente si prosciuga e poi riappare – come le barene della nostra laguna!-.
La sua presenza mitiga il clima e facilita la presenza della botritis cinerea, una muffa che si forma sull’acino e ne prosciuga l’acqua, aumentando la concentrazione zuccherina. Questo comporta meno resa, ma grandi concertazioni di sapore. Infatti dall’uva Riesling cinerizzata nascono grandissimi vini. Grazie alla presenza di gesso nel terreno i vini sono tesi e acidi.
Fanno da padrone il Riesling, il Pinot bianco, il Gruner Veltriner e il Furmint, un vitigno ungherese. Per quanto riguarda i rossi, abbiamo il Blaufrankish (quello che in Italia è chiamato il Franconia), il Pinot nero, il Sanlaurent, e lo Zweigelt. Sono tutti polposi, profumati e caratterizzati da scarso tannino e pronta beva.
Austriaci e biodinamici
Fra i produttori più rappresentativi del Burgenland non possiamo non citare la famiglia Oggau, ma ci sono un sacco di altre realtà che lavorano in maniera biodinamica – non a caso Demeter è nata in Austria. Meinklang, ad esempio, è la più grande azienda biodinamica certificata d’Europa. Fanno di tutto. Esiste poi un’associazione vignaioli naturali che si chiama Pannobile, di cui fanno parte aziende come Nittaus, Schmelzers, Heinrich, Preisinger.
Possiamo decisamente definire il Burgenland una zona sorprendente dell’Austria che infrange un po’ i luoghi comuni sui vini austriaci.
Repubblica Slovacca
Spostandoci a Est, parlerei della Repubblica Slovacca dove abbiamo un sacco di amici. È indipendente dal ’93, anno prima del quale, come tutti i paesi ex sovietici, l’enologia e l’agricoltura erano state distrutte dalla nazionalizzazione.
Quando si parla di vini di Slovacchia si parla di altre tipologie di vino, è un territorio vocato per vitigni autoctoni che sono fuori dai nostri schemi, vini fuori di testa che vale la pena raccontare.
Nella zona Sudovest, si coltiva il vino lungo la valle del Danubio, a ovest vicino a Bratislava invece il suolo è calcareo, e qui si coltivano vitigni internazionali e l’autoctono Deviner. Questo vitigno è frutto di sperimentazioni fatte in Ucraina nel secondo dopoguerra, un incrocio Gewurtztraminer e Gruner Veltliener.
Altro che OGM…
Gli esperimenti condotti in Ucraina erano votati a trovare un incrocio genetico che consentisse aumentare la produzione di vino, poiché queste regioni servivano da cantina per tutta l’Unione Sovietica.
Non dimentichiamo però che l’intreccio di vitigni e la ricerca vengono eseguiti anche per ottenere uve più forti che hanno bisogno di meno trattamenti.
Non si tratta di OGM, come in molti erroneamente pensano, sono solo innesti naturali che comportano una maggiore autosufficienza della vigna, in grado di rispondere anche agli odierni cambiamenti climatici.
Anche nel Burgenland si sperimenta da anni sui vitigni resistenti, solo che questa sperimentazione non arriva in Italia.
Per quanto riguarda i vignaioli, il mio cuore appartiene alle ragazze dell’azienda Slobodne Vinárstvo. Le ho incontrate per la prima volta a Venezia, quando Ernesto Catel di Costadilà le portò in ristorante. Quella sera assaggiai i loro vini e li trovai buoni, ma soprattutto diversi e interessanti. Slobodne Vinàrstvo vuol dire “vigna liberata”: durante l’Unione Sovietica la vigna venne confiscata alla famiglia per collettivizzarla. Alla caduta del comunismo, si potè riavere accesso alla proprietà confiscate dimostrando di averne diritto. La famiglia ci riuscì e da lì partì l’avventura della riappropriazione della propria terra. Da Slobodne praticano un’agricoltura virtuosa, una policoltura che segue modelli di relazione d’amore con terra e natura.
Volando ancora ad Est, dopo la città di Nitra vicino al confine con Ungheria, troviamo un terroir strepitoso, più aspro, dove il tufo prospera su un vulcano imploso che crea un ecosistema a sé stante. È il primo rilievo dopo la pianura pannonica ungherese, quindi il vento ci sbatte addosso e spazza queste colline. Principessa dei vitigni è la famosa Leanka, un’uva bianca, semiaromatica, che richiama il trebbiano ma è più profumata. Per il rosso troviamo il Blaufrankish. I vini sono tendenzialmente molto tesi e acidi, ma ne troviamo anche di belli corposi con uso del legno, grazie alla tradizione enologica che ha millenni.
Ungheria
Spostiamoci in Ungheria. Totalmente un altro mondo: paese ugrofinnico, molto nazionalista e chiuso, difficile averci a che fare.
Qui si produce il Tokaj Aszu, un vino dolce, ma ne esistono versioni secche che loro definiscono sbagliate, a base di uve autoctone Furmint, Arshlevelu e Moscatel lunel, che vengono vendemmiate in momenti diversi perché la zona è soggetta all’attacco della botritis cinerea.
Il procedimento per produrre il Tokaj Azu è piuttosto laborioso: teniamo a mente che la botritis cinerea rende l’uva più concentrata con un alto residuo zuccherino.
Si produce vino base secco con una sola parte dell’uva vendemmiata. L’altra parte dell’uva rimane in vigna ad appassire, ammuffisce e viene vendemmiata in seguito. A questo punto il mosto viene aggiunto al vino base. La quantità di mosto da aggiungere è definita dall’orcia detta puttonios. Si possono aggiungere al massimo sei puttonios.
Ancora più raro è il Tokaj Eszencia a basa di solo Furmint. In questo caso si tratta di solo uve muffite messe a decantare in un tino col fondo bucato senza schiacciarle. Il mosto che scende è densissimo e fermenta poco, dando origine ad un quasi sciroppo di basso grado alcolico e altissimo valore.
Sangue di toro!
Anche l’Ungheria vanta tradizione enologica millenaria, soprattutto nella zona del lago Balaton e nella parte nord intorno ad Eger. Si tratta di una zona strana poiché per un periodo dell’antichità è stata la terra più settentrionale conquistata dagli Ottomani.
Addirittura, il vino più famoso è il Egri Bikaver, che significa sangue di toro di Eger, e si chiama cosi perché si narra che i guerrieri ungheresi lo bevessero prima di affrontare i soldati turchi. Questi ultimi, non conoscendo il vino e vedendo le barbe sporche di rosso e pensavano che fosse sangue di toro bevuto dai rivali per darsi la forza. Anche qui abbiamo un vitigno autoctono, l’uva Kadarka molto polposa, fresca e godereccia.
La bottiglia misteriosa
Una delle bottiglie che stiamo per aprire è prodotta da Imre Kalò nel 2007. La bottiglia è senza etichetta perché il Signor Kalò non vuole vendere bottiglie fuori dall’Ungheria e si fa pagare solo in nero per non pagare le tasse. L’unico modo per avere il suo vino è andare presso la sua azienda. Quando sono andato io, lui non parlava una parola di inglese e la degustazione è avvenuta in cantina, in piedi intorno ad una botte, senza cibo e senza sputacchiere!
Questa bottiglia me l’ha portata la figlia quando è venuta a trovarmi a Venezia. Lei è anche l’interfaccia estera del consorzio dei vini naturali della terra ungarica. Questo è un vino fuori da ogni schema, ti rosetta ogni preconcetto sul vino che hai nel cervello.
La Mitteleuropa è una regione che gode degli influssi dell’Austria, della Slovacchia e dell’Ungheria. Questi paesi trovano un punto di incontro nell’amore per le cose fatte bene e nei territori sottovalutati. Si tratta di zone da scoprire dove si fa il vino da tutta la vita. Qui si sono mantenute le metodologie più artigianali e arcaiche e tramandate esperienze e doti di vini centenarie, per andare a scoprire sapori antichi.
I Vini in Bevustazione:
Timotheus Weiss – Gutoggau
Devina – Slobodne Vinárstvo
Un vino ungherese senza etichetta