Ascolta “Ep. 13 – Fantastic Federico Francesco Ferrero” su Spreaker.
Ospite in studio il Dott. Federico Ferrero medico nutrizionista nonchè vincitore della terza edizione di Mastechef Italia nonchè grande appassionato di vini vivi ci spiega perchè bere vino buono fa bene allo spirito un pò come Tinder!
Bentornati al primo podcast sul vino naturale che beve come parla! Oggi abbiamo un’ospite estremo che è entrato nelle case e nei cuori degli Italiani come vincitore di Masterchef: Federico Francesco Ferrero!
Ti piace il nostro studio artigianale?
È bellissimo, soprattutto perché al posto delle solite bottigliette da mezzo litro di acqua ci sono delle bottiglie di vino serie aperte!
Nostro caro ospite, sei entrato nei cuori degli italiani con Masterchef, ma tu in realtà fai un altro mestiere, ci racconti?
Gli Italiani hanno sempre paura delle persone che non sono inquadrabili all’interno di una categoria. Nella mia vita mi sono occupato di diversi lavori: sono un medico, mi occupo di nutrizione, ho fatto il ricercatore scientifico grazie alla collaborazione con prestigiosi istituti, mi occupo un po’ di cucina, sono anche iscritto all’ordine dei Giornalisti, ma soprattutto sono molto appassionato del sapore.
Da 6 anni, grazie all’amicizia con una persona che da sempre si occupa di vini naturali, ho incontrato il vino. Non dico il vino naturale, il vino.
Federico vuoi raccontarci come ti sei avvicinato al mondo del vino naturale, e cosa significa per te in questo momento?
Innanzitutto non utilizzerei la parola “vino naturale” che è un modo di spiegare un concetto semplice a persone che la vogliono fare difficile, perché è difficile chiamare vino una cosa che può avere 400 additivi e 200 processi tra vigna e cantina. Questo è il vino, come si è sempre fatto.
Io lo chiamo vino fisiologico, physis è la natura, logos la sapienza, quindi la sapienza dell’uomo che accompagna la natura. La fisiologia, che ci fa capire ciò che fa bene al corpo, ci dimostra che questo vino, fatto in questa maniera che noi chiamiamo “naturale”, fa meglio dell’altro vino che ci crea dei problemi.
Questo l’ho capito un giorno grazie mio amico Jill: 6 anni fa mi ha portato ad una degustazione e mi ha fatto assaggiare 6 vini naturali, e al termine della degustazione gli dissi: Jill, se vogliamo essere ancora amici, adesso andiamo a bere una vera bottiglia di vino. Dopo aver bevuto una bottiglia di un blasonato Champagne, mi sono svegliato nel cuore della notte ed ho capito che c’era qualcosa di diverso nei vini che avevo assaggiato prima.
A quel punto ho preso la piccola cantina che avevo messo assieme negli anni e l’ho regalata alla mia vicina di casa, che tuttora gode del regalo.
Da quel momento non sono più tornato indietro. La cosa che mi piace meno in assoluto è l’addizione di solfiti, che cambia veramente non solo la sensazione ma anche come ti senti durante e dopo la bevuta.
Hai appena toccato il nostro trigger finale. Ci spiegavi che anche a livello alcolemico ci sono grosse differenze, giusto?
La scienza parte sempre dalle esperienze empiriche. 3 anni fa ho iniziato ad osservare cosa mi raccontavano gli osti di chi beveva vini cosiddetti naturali e chi beveva vini cosiddetti convenzionali. Mi dicevano che la prima cosa che notavano era il fatto che ubriacano meno, la seconda è che se qualcuno beve un bicchiere di troppo non diventa aggressivo.
Riportandolo in termini medici, l’osservazione indica un impatto a livello alcolemico (l’alcool nel sangue) e a livello di neurotossine (l’aggressività). Grazie al Politecnico di Torino abbiamo messo insieme uno studio scientifico partendo da 55 studenti che avessero lo stesso peso, le stesse abitudini alimentari e di beva, e da 300 vini siamo arrivati a selezionarne 2 che avessero lo stesso livello di alcool, stesso vitigno, la stessa provenienza geografica, ma con una diversa quantità di solfiti.
È stato uno studio preliminare, ma ci ha aperto una finestra su un mondo inesplorato: abbiamo visto che chi beveva vini naturali aveva dei livelli di alcool nel sangue più bassi. Lo studio è stato pubblicato su Nutrients, una rivista scientifica molto accreditata a livello internazionale, ci ha permesso di scrivere che PROBABILMENTE nei vini fatti con questo tipo di pratica agricola e produttiva, c’è qualcosa di diverso per la salute umana.
Stiamo di fatto parlando di un prodotto che è buono oltre il gusto, senza contare le complessità che si riescono ad esprimere. Prendiamo per esempio il panino del Burger King, ha gusti ben precisi, e sviluppati in modo verticale: tanto grasso, tanto zucchero e tanto sapido, ma non ci sono sfumature. Lo stesso accade nei vini convenzionali, tanto legno e tanta polpa, ma non sempre si riescono ad esprimere le sfumature.
Questa complessità che caratterizza il vino naturale, dipende dalla fermentazione secondo te?
Penso che ci sia un doppio binario tra pratiche agronomiche ed enologiche. Tutte le persone che mi hanno insegnato qualcosa sul vino mi hanno detto che il vino si fa in vigna, se tu prendi un pomodoro fatto sull’isola di Sant’Erasmo, il territorio viene solo accompagnato, senza aggiunta di niente, lo stesso vale per l’uva. Tutto questo si sostiene non solo con la passione, ma con l’etica, ovvero non lo spingere, ma l’accompagnare il prodotto. Ricordiamo sempre che il vino non si fa da solo, e che comunque, un vino con difetti rimane un vino cattivo.
È arrivato il momento di stappare una bottiglia! Uno Champagne Rosé di Laherte Freres. È un vino che riteniamo borderline con il nostro pensiero: è difficile che uno Champagne sia totalmente naturale.
Esatto, ci sono alcuni Champagne ancestrali, ma per definizione lo Champagne è un prodotto dove vengono inseriti e inoculati dei lieviti, c’è un liquido di tiraggio, un mix di zuccheri ecc, è anche difficilissimo che uno Champagne sia senza solfiti aggiunti.
C’è da dire che nonostante si stia parlando di vini naturali, per festeggiare stappiamo una bottiglia di Champagne: anche questa volta i cugini d’Oltralpe ce l’hanno messa nel bicchiere!
Noi tutti i giorni abbiamo a che fare con vini senza solforosa aggiunta, ma vediamo che non sono sempre ideali per la mescita. Come interpreti questa cosa da cliente che conosce il prodotto?
Il problema dei conservanti nel vino è dibattuto fin dai tempi dei Romani, che già usavano i solfiti e già avevano capito che facevano star male (anche se non è dimostrato in alcun modo che sia il responsabile dei vostri mal di testa). Di fatto il conservante nel vino serve, ma quali sono gli altri conservanti? La riduzione per esempio, come anche l’ossidazione anche se non è reversibile, oppure un pochino di anidride carbonica che aiuta a sterilizzare.
Anche la non filtrazione aiuta la conservazione, per esempio i vini macerati reggono benissimo grazie ai tannini e ai polifenoli.
Riassumendo, i conservanti sono fondamentali, ma bisogna capire che ci sono una miriade di conservanti naturali che possono soppiantare l’uso della chimica.
Si dice spesso che se aiuti una pianta, la pianta non si aiuta da sola, se non l’aiuti – con la chimica – si aiuta da sola, e produce un metabolismo primario il cui prodotto secondario sono anche molecole aromatiche, quindi il risultato è un prodotto più profumato e più saporito. Se tu prendi un pomodoro maturo, quindi che ha tutti i suoi polifenoli, e lo metti in cucina in un vaso, vedrai che il pomodoro durerà settimane prima di diventare cattivo. Il pomodoro spinto dalla chimica invece non si protegge altrettanto bene, perché, fondamentalmente, non ha sofferto. I grandi vini senza solfiti si possono fare solamente da vigne che hanno sofferto. Ma scusate, i grandi uomini e le grandi donne che riescono a resistere a tutte le tempeste, non sono quelli che hanno sofferto e si sono creati una loro forza interna?
È arrivato il momento di rovinare tutto con una stupidissima rubrica. Un gioco che ti vedrà rispondere a bruciapelo a 4 domande sul mondo del vino. Tu dovrai rispondere correttamente ad almeno 3 di queste domande.
Se indovino vinco 6 bottiglie di Zonin?
La prima domanda è: se ti trovassi su un’isola deserta, chi porteresti con te tra Joe Bastianich, Carlo Cracco e Bruno Barbieri?
Porterei Carlo Cracco perché è grande conoscitore di materie prime e potremmo fare un sacco di chiacchiere che a volte su un’isola deserta servono, oltre al canto delle Sirene.
Avremmo detto Bastianich!
Il problema di Bastianich sarebbe che dopo 5 minuti si compra l’isola, ti assume come dipendente e ti fa lavorare per lui facendoti pensare che stai guadagnando qualcosa!
E Barbieri?
Bruno non ci sarebbe proprio venuto sull’isola deserta!
Domanda n.2: chi è il più sexy tra di noi?
….[vari secondi di rumorosissimo silenzio]… Siete terribili, tutti e tre! Devo dire Lorenzo, perché ci tiene particolarmente.
Domanda n.3: l’abbinamento perfetto alla bagna cauda?
È sicuramente quello dei miei nonni: la bagna cauda è il piatto del Giorno dei Morti, e si beveva assolutamente con la Barbera, che ti aiuta a spegnere la potenza dell’aglio con la sua acidità.
Ultima domanda: che cos’è la pruina?
È quella sostanza biancastra che viene nel Nebbiolo, in quella nebbia viene quella sostanza eccezionale e proprio da lì viene il nome Nebbiolo. Alla fine è un conservante anche quello!
Ultradition Champagne Rosé Brut Pinot Meunier →